Salve vorrei prima di tutto specificare che il bere, il bere bene, non è vincolato né ad una stagione piuttosto che ad un'altra,
ma solo ad una questione culturale, basti pensare nel corso della storia tutti i personaggi che hanno decantato dello "spirito"
e dei suoi effetti magici. Giusto per intenderci, uno scrittore del calibro di Hemingway che almeno per un certo periodo
dell'anno, in una Cuba preCastrista, dove i facoltosi, Statunitensi e non, potevano abbandonarsi alle note di una salsa, magari alla
"Bodeguita del medio" (storico locale aperto dal 1942) meta fissa per l'appunto di Mr. Ernest, tornava sistematicamente li
solo per sorseggiare il mojito perfetto.
Se vero che il mojito è ormai un rituale, è altrettanto vero che è sempre più difficile berne uno buono, purtroppo.
Che sia la yerba buena o più verosimilmente menta nostrana non fa differenza, ma che la si triti nel bicchiere, quello
onestamente si. La menta non va pestata ma solo sprimacciata tra le mani prima di essere adagiata sul fondo del bicchiere
ed accarezzata assieme allo zucchero di canna, al succo di lime, al sapore deciso di un rum chiaro, il tutto
chiuso alla perfezione da della soda water, che in America è ovunque nelle bibite, a dimostrazione che anche
Cuba e gli Usa possono collaborare con ottimi risultati.
Parlando d'estate, di Cubani e di Americani, e accennando quindi a tensioni diplomatiche con equilibri più o meno stabili,
devo per forza fare un salto indietro, fino al 1919 quando negli Usa fu approvato il XVIII emendamento, altresì detto
"Proibizionismo". Gli equilibri si stabilizzano alla perfezione quando, invece, parliamo di long island ice tea.
Uno dei drink più bilanciati e versatili in assoluto. D'altronde in quegli anni dovevi esserlo per forza. Era buona regola
avere molti "amici" e quindi, per non scontentare Russi e Polacchi, che già avevano i loro pensieri, i Francesi e le loro colonie,
gli Ispanici focosi e i loro caratteri infiammabili e ovviamente i cugini Inglesi dall'altra parte dell'oceano, gli Americani
scelsero rispettivamente vodka, triple sec, ron e gin che con l'aggiunta di sciroppo di zucchero, succo di limone e un
leggero top di coca cola danno vita al "politicamente corretto" long island.
Forte e leggero, corposo ma fresco e dissetante è da sempre, in pratica, presente nella lista dei cocktail
internazionali, regolamentata dall'organo che di ciò si occupa: l' IBA. (International Bartenders Association)
Il long island se fatto bene ha colore e sapore del tea al limone. Dico questa cosa perché tra tutte le urban legend
sulla sua natalità la piu' accreditata è anche la meno probabile, o comunque la meno razionale. Tant'è.
Sarà perché risulta accattivante e porta, insito, il carico di fascino di quegli anni.
Onestamente, però, sembra alquanto improbabile che in un paese che ha bandito: produzione, importazione, esportazione e
quindi figuriamoci miscelazione e somministrazione dell'alcol, qualcuno trovi forza, soldi e virtù per creare un tea al limone
alcolico, servito in una tazza, composto da ingredienti irreperibili provenienti da ogni parte del mondo solo per servirlo in
locali, peraltro segreti, (Speakeasy e blind pig, così erano chiamati) solo a scopo cautelativo per eventuali blitz del FBI.
Forse agli amici di cui si faceva riferimento prima, si dovrebbe aggiungere anche politici, poliziotti e mazzette...oppure
credere che i flussi di ricordi e racconti si miscelano con l'alcol, ed è facilissimo, e forse anche giusto, enfatizzare.
In un libro scritto in pieno proibizionismo, reso film ultimamente ed interpretato da Leonardo Di caprio, IL grande Gatsby,
ambientato tra NYC e Long island, tra le altre cose, si parla spesso di cocktail, qualche volta di gin, ma mai di altri tipi di distillati.
E così arriva anche il 5 Dicembre 1933. Fine del Proibizionismo. Gatzby non fa in tempo a scrollarsi di dosso la reputazione di mattatore di quella pellicola e degli eventi più IN dell'epoca, che cambia nome in Calvin J. Candie si reinventa schiavista spostandosi sul set di Django - Unchained, ritrovandosi a sorseggiare un drink creato appena un anno dopo la liberalizzazione dell'alcol (Don's Gardenia Mix) creato da un certo Ernest Raymond Beaumont Gantt, conosciuto meglio col nome d'arte "Don the beachcomber", che fondendo culture con forti influenze esotiche, idee, ingredienti e tecniche osservate in giro per il mondo, pone le basi per quello che sarà la prima/o una delle - catena di bar e ristoranti della storia, il "TIKI bar and restaurant", per l'appunto.
Visto che abbiamo parlato, in modo ampio, dei drink che da sempre "vanno", vorrei proporre un drink, anzi una categoria
che meriterebbe molta più richiesta.
Si tratta della manipolazione di spezie e frutte che miscelate ad alcol, sopratutto rum, e dalla produzione di una serie di sciroppi "homemade" che riscrivono le regole del bere miscelato convenzionale.
Se non avete mai chiesto un "Don's special Daiquiri" allora dovete rimediare al più presto.
State solo attenti che ci siano Ron chiaro Portoricano e scuro Giamaicano, succo di lime fresco, Honey syrup (ovviamente sciroppo a base di miele facilmente realizzabile) e infine, purea di passion fruit.
Se comunque volete andare sul sicuro ed avere la certezza di berne uno dei migliori, allora dovreste fare un giro al mio bar.
Spero che questo viaggio tra bar, racconti e cinema vi abbia lasciato un po della passione che mi porto dentro da sempre, e magari vi abbia
fatto lasciare per un po il posto in cui vi trovate adesso.
Vi saluto ricordandovi che il bar non è fatto di ricordi, ma i ricordi, inevitabilmente, portano sempre al bar.
Guido Peluso
Peluso Guido, Bar-manager restaurant club and bar food "Misturà" Bacoli, Napoli e Collaboratore presso Bartender's - formazione e catering.